La compensazione senza visto è un errore meramente formale

28 Settembre 2022di Anna Foresti

Con l’ordinanza n. 25736/2022, depositata il 31 agosto 2022, la Cassazione conferma il proprio orientamento secondo cui la mancata apposizione del visto di conformità costituisce una violazione formale non sanzionabile.

Nel caso di specie, la società contribuente ha portato in compensazione un credito Iva maturato nel 2011 privo di visto di conformità, ragion per cui l’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita compensazione e, contestando l’omesso versamento, applicava la sanzione proporzionale prevista dall’art. 13, d. lgs. n. 471 del 1997.

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la mancata apposizione del visto di conformità costituisse una violazione sostanziale, con conseguente legittima applicazione anche della sanzione di cui all’art. 13, d. lgs. n. 471 del 1997.

Il contribuente proponeva ricorso in Cassazione, la quale, con l’ordinanza in esame, ha ritenuto incontestabile la titolarità del credito Iva da parte del medesimo.

Gli ermellini confermano che la violazione in esame costituisce una violazione meramente formale la quale, per configurarsi, deve presentare la contemporanea sussistenza di un duplice presupposto:

  • la violazione accertata “non comporti un pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo” da parte dell’amministrazione finanziaria;
  • la violazione “non incida sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo”.

In aggiunta, lo Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000), all’art. 10, comma 3, sancisce l’impunibilità del comportamento del contribuente, seppure in violazione di specifici obblighi di legge, qualora non consegua alcun debito d’imposta (cd. danno erariale) e non incida sull’attività di controllo degli Uffici.

Pertanto, nella fattispecie sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, la mancata apposizione del visto di conformità, oltre a non costituire condotta frodatoria, non ha arrecato alcun pregiudizio per le casse erariali.

In conclusione, la Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente e condannato l’Agenzia alle spese di giudizio.