L’Agenzia delle Entrate, nelle sue attività di controllo, sta concentrando molti dei suoi sforzi nell’accertare la legittimità del credito ricerca e sviluppo da parte delle società ai sensi del D.L. 145/2013.
Spesso, la contestazione riguarda l’effettiva natura dell’attività svolta dall’impresa e dall’eventualità che la medesima possa rientrare nel novero delle attività agevolate riconosciute dalla citata norma.
Tuttavia, la valutazione inerente a tali caratteristiche richiede valutazioni complesse e di carattere tecnico-scientifico e la disciplina prevede che, in fase di controllo, l’Agenzia delle Entrate, al pari del contribuente, ha facoltà di interrogare sulla questione il Ministero dello Sviluppo Economico.
Invece, L’Agenzia provvede spesso ad applicare la disciplina del credito inesistente in modo quasi automatico senza ricorrere a valutazioni tecnico-scientifico e, quindi, senza il supporto di elementi probatori adeguati.
Sulla scia di tale modus operandi alcune Commissioni tributarie, tra le quali spicca il costante orientamento della Commissione tributaria provinciale di Vicenza, si stanno pronunciando accogliendo le doglianze delle società contribuenti e rilevando che la facoltà riconosciuta all’Agenzia delle Entrate di richiedere al MISE un parere tecnico diviene un obbligo tutte le volte in cui la natura tecnica degli accertamenti è prevalente rispetto agli aspetti puramente amministrativi.
I giudici vicentini con la sentenza n. 14/2022 hanno affermato che non compete all’Agenzia delle Entrate valutare i profili tecnici sottesi al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo; al contrario, è necessario richiedere un preventivo parere al Ministero dello Sviluppo Economico. Sull’eccezione di difetto di motivazione, i giudici si esprimono: “attesa l’elevata complessità tecnica dell’attività svolta […], l’Ufficio avrebbe dovuto opportunamente svolgere – se competente – un’approfondita analisi tecnica, ovvero richiedere un parere al MISE”.
Ancora una volta il Collegio vicentino, uniformandosi al proprio precedente dello scorso anno, ribadisce che “sussiste nella fattispecie l’eccesso di potere da parte dell’ufficio, stante che lo stesso non è competente, sotto l’aspetto tecnico, a valutare la valenza dell’attività svolta” e accoglie le doglianze della contribuente.