Ristrutturazione e vendita dell’immobile: è attività d’impresa?

L’Agenzia delle entrate, con le risposte agli interpelli n. 426 del 24/10/2019 e n. 152 del 27/05/2020 ha affermato che l’attività di ristrutturazione eseguita su immobili destinati alla vendita deve considerarsi imprenditoriale, dal momento che tali interventi risultano finalizzati alla realizzazione e successiva vendita a terzi, avvalendosi di un’organizzazione produttiva idonea, e svolgendo un’attività protratta nel tempo.

Quindi, la plusvalenza che genera dalla cessione di immobile a titolo oneroso, data dalla differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto o di costruzione, aumentato di ogni altro costo inerente al bene e documentato, può essere classificata in tre diversi modi:

  1. come reddito d’impresa: se gli interventi effettuati sull’immobile sono caratterizzati da professionalità “abituale” (art. 55, comma 1 del TUIR). In questo caso la plusvalenza risulta imponibile IRPEF e inoltre la cessione, essendo posta in essere nell’esercizio dell’attività d’impresa, sarà rilevante ai fini Iva ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 633/72.
  2. tra i redditi diversi, se gli interventi effettuati sono limitati e quindi configurabili come “occasionali” e l’immobile oggetto di cessione è stato costruito o acquistato da non più di cinque anni (art. 67, comma 1 lett. b), del TUIR). In questo caso la plusvalenza è soggetta a imposta sostitutiva del 26%;
  3. non tassabile: se gli interventi effettuati sono limitati e quindi configurabili come “occasionali” e l’immobile ceduto è detenuto da più di cinque anni, se è stato acquisito per successione o se è stato adibito ad abitazione principale del cedente per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione.

Quando l’attività diviene “abituale” e quindi produttiva di reddito d’impresa?

L’Agenzia delle Entrate, in linea con l’ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione, dispone che l’esercizio di impresa può essere costituito anche da un singolo affare, quando questo implica una serie coordinata di atti economici, come avviene nel caso di costruzione o ristrutturazione di immobili destinati alla vendita a terzi. Per la definizione di attività d’impresa non rileva il tipo di interventi effettuati, che possono essere anche conservativi, ma che questi siano, sia a livello logico che cronologico, precedenti alla vendita e necessari alla stessa.

Quali spese sono deducibili per il calcolo della plusvalenza?

Secondo la sentenza n. 16538/2018 della Cassazione, le spese relative agli interventi effettuati rilevano ai fini del calcolo della plusvalenza solo se idonee ad apportare maggior consistenza o maggior valore all’immobile: risultano quindi indeducibili le spese relative alla sola manutenzione e/o buona gestione del bene.

L’onere della prova della deducibilità del costo grava sul contribuente, che deve dimostrare non solo di aver sostenuto le spese, ma anche la loro inerenza ed il carattere incrementativo del valore del bene.

Non rileva il fatto che tali spese diano diritto ai cosiddetti “bonus casa”, anche se fruiti attraverso lo sconto in fattura.