Con una recente sentenza a sezioni unite la Suprema Corte ha affermato in modo innovativo che l’amministrazione finanziaria, se non è scaduto il termine decadenziale, può sostituire un atto impositivo “viziato” in autotutela con un nuovo atto anche peggiorativo per il contribuente.
La decisione della Cassazione (del 21/11/2024) giustifica la “perennità” dell’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria, anche ripetuta, sulla base della sola circostanza che è, ad essa, attribuito il potere impositivo; unico limite: l’avvenuta decadenza temporale o l’intervenuto giudicato favorevole all’erario.
Tale orientamento, nel legittimare l’autotutela sostitutiva, non può che essere letto come una deroga accordata agli uffici rispetto al principio di unicità degli accertamenti.
Nel caso esaminato, l’avviso di accertamento impugnato, basato su indagini finanziarie, che riteneva non giustificate alcune movimentazioni bancarie, è stato annullato dal fisco, nel corso del giudizio, in autotutela e sostituito con un secondo accertamento avente ad oggetto tutte le movimentazioni bancarie del contribuente con una conseguente maggior pretesa erariale, senza che fossero emersi nuovi e diversi elementi, ma solo basandosi sugli stessi elementi presenti fin dall’inizio della contestazione.
Il nuovo atto, secondo accertamento, ha di fatto, solo rivalutato i fatti già noti all’ufficio e già oggetto di rettifica con il precedente atto.
I supremi giudici, in modo molto articolato, affrontano diversi temi: il potere/dovere di autotutela, l’accertamento integrativo, i vizi formali e/o sostanziali e concludono legittimando il comportamento dell’ufficio e dunque l’autotutela sostitutiva sia per vizi formali che per vizi sostanziali (che si traduce, dunque, in un aumento dell’imposizione e, purtroppo, in una nuova e diversa motivazione della pretesa); tale conclusione viene, sorprendentemente, avvalorata e ribadita anche alla luce delle recenti modifiche apportate ad opera del D.lgs. 219/2023 allo Statuto dei Contribuente.
A parere di molti commentatori, al pari di chi scrive, la decisione della Corte presenta diversi aspetti di criticità.
Secondo i Supremi Giudici, sostituire un atto illegittimo che viene annullato con elementi (sia di fatto che di diritto) riesaminati ex novo ed ex post non si pone in contrasto con i novellati articoli dello Statuto del Contribuente: così facendo il Fisco può correggere il tiro ripetutamente, senza disporre di nuovi elementi e modificando ed aggiustando – di volta in volta – anche la motivazione; ci si chiede se questa posizione non vanifichi l’art. 7 della Legge 212/2000, “… i fatti e i mezzi di prova a fondamento dell’atto non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti …” ed il “nuovo” onere probatorio posto in capo all’amministrazione finanziaria. Nel solco di tale decisione rimane, dunque, un solo limite, la decadenza temporale.