La Liquidazione delle Spese di Giudizio nel Contenzioso Tributario

L’articolo 15, comma 1, del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che la parte soccombente è tenuta a rimborsare le spese del giudizio, che includono il contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali e gli esborsi sostenuti, nonché il contributo previdenziale e l’IVA, se dovuti. La determinazione della parte soccombente si basa sull’esito complessivo della controversia, senza considerare specifiche fasi del processo. 

Il decreto delegato di riforma del contenzioso tributario (D.Lgs. n. 220/2023) ha apportato modifiche significative al comma 2 dell’art. 15, introducendo la compensazione delle spese del giudizio. Questa compensazione avviene non solo in caso di soccombenza reciproca o per gravi ed eccezionali ragioni debitamente motivate, ma anche quando una parte ha avuto successo sulla base di documenti cruciali presentati solo in giudizio. Questa innovazione mira a incentivare le parti a presentare documentazione utile già nella fase precontenziosa. 

Una nuova disposizione, il comma 2-nonies, sottolinea l’importanza dei principi di chiarezza e sinteticità degli atti di parte nella fase di liquidazione delle spese. Questa novità si applica ai giudizi in primo e secondo grado, nonché in Cassazione, a partire dal 5 gennaio 2024. 

Il comma 2 dell’art. 15 del D.Lgs. n. 546/1992 prevede che le spese di giudizio possano essere compensate in tutto o in parte dalla Corte di giustizia tributaria solo in presenza di soccombenza reciproca, gravi ed eccezionali ragioni debitamente motivate, o se una parte ha avuto successo grazie a documenti presentati solo nel corso del giudizio. 

Il giudice è chiamato a valutare diverse circostanze, tra cui il comportamento delle parti, la presenza di soccombenza reciproca e l’esistenza di giusti motivi. Questi giusti motivi possono emergere da questioni nuove e originali o da difficoltà interpretative oggettive.