Patto di famiglia meno caro per la Cassazione

2 Febbraio 2021di Alberto Pegoraro

Con la sentenza n. 29506 del 24 dicembre 2020 la Corte di Cassazione ritorna a distanza di due anni (Cassazione 32823/2018) ad occuparsi dei profili tributari del patto di famiglia e lo fa, sorprendentemente, ribaltando la precedente sentenza.

Gli ermellini, infatti, stabiliscono che debbano essere considerate come attribuzioni effettuate entrambe dal disponente sia quella a favore dell’assegnatario sia quella effettuata da quest’ultimo a favore di fratelli o sorelle a “tacitazione” dell’attribuzione della quota di partecipazione o dell’azienda ricevuta.

Nella sostanza, se il padre trasferisce al figlio tramite patto di famiglia una quota di partecipazione del valore di 1 milione di euro e il figlio compensa il fratello con una somma di denaro (o un immobile) del pari valore di 1 milione di euro, questa seconda attribuzione finora scontava un’imposta del 6% con franchigia di 100.000 (1.000.000-100.000=900.000×6%=54.000). In seguito alla sentenza sopra citata, la seconda attribuzione viene invece riqualificata come se fosse fatta direttamente dal padre a beneficio del secondo fratello non assegnatario e quindi gode della franchigia di 1 milione di euro non scontando quindi alcuna imposta.

La ricostruzione operata dalla Suprema Corte è molto approfondita e approfondisce l’istituto anche dal punto di vista giuridico ed equipara la tacitazione ad una donazione modale dal punto di vista dell’imposizione, con la conseguenza che anche se la tacitazione deve essere eseguita dal beneficiario del trasferimento dell’azienda o della partecipazione societaria, tuttavia, «tali attribuzioni sono da lui eseguite a soddisfacimento degli altri legittimari per il solo fatto che egli ha ottenuto l’attribuzione dei beni dell’imprenditore e sul valore di tale attribuzione deve essere calcolata, e liquidata, la quota di legittima».